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Le Dimissioni per Fatti Concludenti alla Luce delle Recenti Riforme

  • Immagine del redattore: Studio Napolitano
    Studio Napolitano
  • 16 mag
  • Tempo di lettura: 4 min

Nel panorama del diritto del lavoro italiano, l'istituto delle "dimissioni per fatti concludenti" ha assunto una rinnovata importanza a seguito delle recenti modifiche legislative operate dalla Legge n. 203/2024 (il cosiddetto "Collegato Lavoro"). Questa normativa mira a fornire un quadro più chiaro per la gestione di situazioni in cui il lavoratore, attraverso un comportamento inequivocabile, manifesta la volontà di interrompere il rapporto di lavoro. L'obiettivo principale è contrastare il fenomeno delle assenze ingiustificate prolungate, talvolta strumentalizzate per indurre un licenziamento e accedere così all'indennità di disoccupazione (NASpI).

dimissioni per fatti concludenti

Cosa si Intende per Dimissioni per Fatti Concludenti?

Le dimissioni per fatti concludenti si verificano quando un lavoratore, pur non presentando una lettera di dimissioni formale (che, di norma, deve avvenire per via telematica), adotta un comportamento tale da manifestare in modo inequivocabile la sua intenzione di recedere dal contratto di lavoro. Il "fatto concludente" per eccellenza, specificamente disciplinato dalla nuova normativa, è l'assenza ingiustificata e prolungata dal posto di lavoro. La legge stabilisce che, in caso di assenza ingiustificata che si protragga oltre un determinato periodo, fissato dalla contrattazione collettiva (CCNL) o, in mancanza di una previsione contrattuale specifica, per un minimo di 15 giorni consecutivi, il datore di lavoro può interpretare tale assenza come una manifestazione della volontà del lavoratore di dimettersi. È importante sottolineare che i CCNL possono prevedere solo termini più lunghi e quindi più favorevoli al lavoratore.


La Procedura che il Datore di Lavoro Deve Seguire

A fronte di un'assenza ingiustificata prolungata, la normativa prevede una specifica procedura che il datore di lavoro deve attivare:

  1. Comunicazione all'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL): Il datore di lavoro è tenuto a comunicare l'assenza ingiustificata del lavoratore, e la propria intenzione di considerarla come dimissioni per fatti concludenti, alla sede territorialmente competente dell'INL. Questa comunicazione deve avvenire tramite Posta Elettronica Certificata (PEC), utilizzando un apposito modello fornito dall'INL, e deve contenere i dati del lavoratore, l'ultimo giorno di effettiva presenza, eventuali tentativi di contatto e ogni altra informazione utile. Questa comunicazione è un adempimento obbligatorio affinché la risoluzione del rapporto sia efficace.

  2. Comunicazione al Lavoratore: Sebbene la legge non imponga una diffida formale prima di attivare la procedura, è prassi e buona norma che il datore di lavoro tenti di contattare il dipendente per richiedere giustificazioni per l'assenza. Inoltre, il datore di lavoro deve inviare al lavoratore una comunicazione (tramite PEC o raccomandata A/R) con cui lo invita a fornire giustificazioni e lo informa dell'avvio della procedura che potrebbe portare alla risoluzione del rapporto per fatti concludenti.

  3. Comunicazione Obbligatoria di Cessazione (UNILAV): Entro cinque giorni dalla data della comunicazione inviata all'INL, il datore di lavoro deve procedere con la comunicazione telematica obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.


Il Ruolo dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL)

Una volta ricevuta la comunicazione dal datore di lavoro, l'INL ha il compito di verificare la situazione. L'Ispettorato può contattare il lavoratore per accertare le ragioni dell'assenza e la sua effettiva volontà. Questa fase di accertamento deve concludersi entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione datoriale. Se l'INL accerta che l'assenza era giustificata (ad esempio, per cause di forza maggiore, impossibilità documentata di comunicare l'assenza, o per comportamenti scorretti del datore di lavoro come il mancato pagamento delle retribuzioni), può dichiarare inefficace la risoluzione del rapporto di lavoro. In tal caso, il rapporto potrebbe essere ricostituito.


Conseguenze per il Lavoratore

L'aspetto più significativo per il lavoratore, in caso di dimissioni per fatti concludenti accertate secondo questa procedura, è la mancata erogazione dell'indennità di disoccupazione (NASpI). Essendo la cessazione del rapporto equiparata a dimissioni volontarie, viene a mancare il requisito della disoccupazione involontaria. Inoltre, l'onere della prova per dimostrare la legittimità dell'assenza o l'impossibilità di comunicarla ricade sul lavoratore.


Conseguenze per il Datore di Lavoro

Per il datore di lavoro, questa procedura offre una maggiore certezza giuridica nella gestione delle assenze ingiustificate prolungate. I principali vantaggi includono: nessun obbligo di versare il cosiddetto "ticket di licenziamento" (il contributo di ingresso alla NASpI dovuto in caso di licenziamenti che danno diritto all'indennità); nessun obbligo di corrispondere la retribuzione e i relativi contributi per il periodo di assenza ingiustificata; la possibilità, se prevista dal contratto individuale o collettivo, di trattenere l'indennità sostitutiva del preavviso dalle competenze di fine rapporto.


Eccezioni e Casi Particolari

È fondamentale tenere presente che la procedura per le dimissioni per fatti concludenti non si applica in determinate situazioni, tra cui: ai lavoratori per i quali la legge prevede una procedura di convalida obbligatoria delle dimissioni (ad esempio, lavoratrici madri durante il periodo di gravidanza e fino a un anno di età del bambino, o lavoratori padri che fruiscono del congedo di paternità, ai sensi dell'art. 55 del D.Lgs. 151/2015), oppure, qualora il lavoratore, prima che la procedura di dimissioni per fatti concludenti produca i suoi effetti (cioè prima della comunicazione UNILAV di cessazione), presenti dimissioni formali per giusta causa (ad esempio, per mancato pagamento della retribuzione). In questo caso, prevarranno le dimissioni per giusta causa, la cui legittimità potrà essere oggetto di verifica, anche in sede giudiziale.

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